Tratto da "RAPPORTARSI CON GLI ALTRI E CON SE STESSI" di Nazzareno Venturi.  Saggio sulla psicologia transazionale, pubblicato e ormai esaurito su carta stampata dalle ed. Sufijerrahi nel 2010. Attualmente disponibile in formato ebook (leggibile su pc o si tablet) su Kindle Edition distribuito da Amazon.

 

CORPO, PSICHE ED ANIMA

 

Ognuno di noi reagisce a quanto sente e vede in base alla sua visione del mondo, alla sua programmazione mentale, per cui, davanti allo stesso evento, basta poco per far storcere il naso ad uno e per far annuire contento l'altro. L'argomento si presta a posizioni divergenti ed è bene che ci siano, almeno quando non sono dettate da assunti dogmatici.  Certamente è ormai alle spalle un mondo medievale in cui ogni ricerca sul piano scientifico e spirituale  era criticata in base ai testi sacri ed ad una tradizione religiosa. Persone come Galilei e Giordano Bruno, Averroè ed AlAllaj sono solo le punte emblematiche di situazioni generali in cui la libertà di pensiero, la ricerca della verità senza nessun limite, erano visti di malocchio. La paura che si possa perdere qualcosa (un mondo di credenze in cui la fantasia e l’emotività  si ritrovano), tipica dell’io bambino, e un impianto ideologico ormai ripetuto da generazioni e per questo ritenuto indiscutibile (tipico dell’io genitore) agiscono comunque ancor oggi poiché è  difficile dare l’ultima parola all’io adulto, rinunciando ai pregiudizi, alle opinioni comuni, alle pressioni di chi vuole che si pensi in un modo o nell’altro. Psicologia, antropologia, sociologia, filosofia, ma in fondo tutte le discipline umane le quali hanno una unica matrice, la ricerca di capire, si domandano:  chi è dunque l’uomo aldilà di quanto è stato detto da tutte le religioni e da tutte le ideologie?

L'uomo è stato definito di volta in volta un animale culturale, razionale,  politico, spirituale ... insomma  si è utilizzato sempre  un aggettivo per differenziarlo dalle altre specie. Per qualche inibizione di carattere culturale l'uomo ha avuto paura di definirsi semplicemente “un animale”: questo non significa essere atei o materialisti, non credere al divino nella natura, ma accettare la realtà di base umana. Freud ed ancor prima i sufi  nel medioevo avevano visto bene: la sovrastruttura morale (altra cosa è l'etica fondata sulla ragione) od il super-io (meglio l'esteropsiche)  nell'uomo si sono sviluppati in modo tale da entrare in conflitto con la corporeità e con l'istinto, l'emotività, l'affettività che sono caratteristiche di ogni mammifero. Uno "strappo" psicologico dalla natura che ha permesso, da una parte, una evoluzione culturale ma anche la perdita percettiva delle  informazioni necessarie per essere in armonia con l'ambiente, ( da cui le conflittualità psicologiche complesse, assenti negli animali). L'uomo ha finito per sentirsi diverso dalla natura, ormai relegata a oggetto da sfruttare, credendo d’esser nato dal suo stesso mondo immaginativo e culturale; di questo passaggio separativo graduale sono rimasti archetipi profondi :  la Terra (madre natura) e  il Cielo  l'uno a ricordo della continuità vitale e l'altro dell'origine dei  sentimenti spirituali (poi fissati in schemi genitoriali). Molti studiosi, sociologi come Sabino Acquaviva e psichiatri come  Reich e Lowen,   hanno affrontato questa dicotomia dell'essere umano, un problema che investe tutta la vita sociale, le civiltà e le culture.

Gli aspetti ideologici hanno finito per negare non solo le regole di autoconservazione della specie, ma la stessa ragione, che dovrebbe colmare il divario riprendendo in modo consapevole quanto l'istinto suggeriva. Il comportamento irrazionale ed autodistruttivo dell'uomo si rivela nell'assenza di strategie di sopravvivenza: egli è un organismo ospite  di un organismo più grande, l'ambiente naturale, ma non si muove in armonia con esso, anziché regolarsi, lo invade e devasta, senza pensare che finito il suo ambiente, finisce anche lui. La riproduzione negli altri animali è in rapporto alle risorse (strategia k), non eccede e quando ciò accade ( penso ai lemming ) intervengono sinergicamente fattori interni (suicidio di massa) ed ambientali che  riequilibrano i rapporti (strategia r). Nell'uomo la regolamentazione naturale non avviene, le motivazioni per generare erano dettate da calcoli economici ( più braccia contadine per sfruttare la terra) o preoccupazioni individuali ( tra tanti figli che metto al mondo qualcuno penserà a me quando sarò vecchio, da condizionamenti culturali (il prestigio di avere tanti figli soprattutto maschi) ed ideologici ( avere una popolazione numerosa da sacrificare nelle guerre di conquista, si pensi al fascismo) o perfino per seguire dettami dei libri sacri, evidentemente circoscritti a situazioni specifiche (andate e moltiplicatevi...). Ci sono inoltre delle  motivazioni inconsce, casistica della psicologia clinica: avere figli per sfogare in essi le proprie frustrazioni. Lo slancio vitale , il bisogno di esprimere l'amore e la speranza che è connesso alla procreazione, è una realtà bellissima, ma non è comune. W. Reich non è stato l’unico a riflettere sui segni che rivelano se  una persona è nata per "piacere", per "calcolo" o per "amore", pensiero considerato di tipo magico da studiosi positivisti ma secondo altri psichiatri del tutto legittimo e razionale; rimane comunque da   constatare l’ampio ventaglio di motivazioni per avere un figlio. La frequenza di nascite senza amore o forzate ha comportato spesso morte, conflitti tra uomini e sempre distruzione dell'ambiente, nella illusione che le risorse siano illimitate o qualcuno dall'alto compia il miracolo di allargare i confini del nostro pianeta. Nei paesi ricchi dove la popolazione è stazionaria o sta invecchiando  si ha la preoccupazione di veder calato il benessere: più anziani da sostenere e minor gettito dalla ridotta popolazione lavorativa: il quadro mondiale complessivo delle nascite non può essere taciuto per via della forte domanda di immigrazione dai paesi sovrappopolati:  la popolazione aumenta di 70/80 milioni (calcolando nascite e decessi)  all'anno, ma con essa diminuiscono e vengono rovinate, talvolta irreparabilmente, le risorse ambientali. Nel film fantascientifico Matrix il personaggio virtuale dice all'uomo: “vi abbiamo studiato a fondo e l'unico essere sulla terra che vi assomiglia è il virus: come i virus vi riproducete fino a distruggere l'ambiente che vi ospita ed allora ne cercate un altro per continuare lo stesso processo. Quando ogni ambiente è distrutto anche l'organismo  ospite morirà.”

L'uomo si è fatto largo tra le altre specie, ha distrutto il loro habitat per il proprio, al posto delle foreste e delle praterie sono nate altre foreste di cemento e asfalto e mattoni, industrie e non di rado il vantaggio immediato è superato dagli effetti distruttivi sull'ambiente. Non solo: " l'uomo bianco" ha eliminato tutti quei suoi simili che vivevano in modo diverso dai propri modelli e spesso in equilibrio con la natura.  Non bisogna avere nessun rimpianto per essere usciti da stadi primitivi ma  non si deve dimenticare che, strada facendo, si sono perse qualità indispensabili alla sopravvivenza. Scienziati come J.J.Cousteau o J. Piccard ( le sue previsioni  dell'impatto distruttivo dell'uomo sul pianeta erano troppo immediate, ma non per questo   prive di fondatezza) sono stati pionieri dello studio degli effetti negativi dell'agire umano sull'ambiente e del progressivo depauperamento delle risorse. Se l' allarmismo emotivo è nocivo lo è altrettanto  la leggerezza di chi fa affidamento sulla onnipotenza della tecnica, sulla capacità di adattamento, sul fatto che c'è ancora "spazio" naturale. Si consideri una ninfea, diceva J.Piccard,  che   si duplichi ogni giorno in un lago, il secondo giorno ne avremo due, il terzo quattro, il quarto otto, fino a che il ventinovesimo giorno metà del lago sarà coperto: gli osservatori del penultimo giorno potranno asserire che c'è ancora tanta acqua libera, ma il giorno dopo...

A bilanciare il lato distruttivo umano lo sviluppo delle  pulsioni terziarie: arte, fede (che non è credenza religiosa) e civismo, purtroppo spesso limitato da comportamenti irrazionali.  Il perché nell'animale uomo domini così tanto l'irrazionalità, si può scoprire anche partendo da comparazioni con le altre specie ed osservando le sue specifiche evolutive. Il libro “L'anima irrazionale” di Danilo Mainardi , etologo dell'università  di Venezia, parla proprio di questo, lo studio affronta dal punto di vista etologico il problema dell'anima, partendo da dati comparativi del mondo animale, in cui si inscrive evolutivamente  anche la vicenda umana, l'autore dimostra che la geografia interiore di paradisi ed inferni, insomma dell'aldilà, compresa la fenomenologia della superstizione, fa parte di una mappatura animale, materiale: ineccepibile, ma rimane il fatto che il problema non è risolto, esattamente come nessun metafisico lo ha risolto partendo dall'alto. Va bene sgombrare il terreno dalle rappresentazioni popolari ed ingenue dell'aldilà, quelle che il Corano ed il Vangelo chiamano favole simboliche o parabole, ma concludere dicendo più o meno esplicitamente che la fede e dunque Dio sono una pia illusione, non è consequenziale, né logico né scientifico. E' come chi considerando gli ultimi oggetti visibili dell'universo nel tempo e nello spazio trova la prova della finitezza del medesimo. L'unica prova è che non si può vedere oltre, non che non esiste l'oltre. A livello di ragione non si può sopravanzare i dati materici, affermava correttamente Kant, ma Dio e l'Anima a livello razionale sono inconoscibili (non le immagini di paradisi ed inferni, mondi spiritistici e parapsicologici,  che i mistici come Rabi'ah avevano considerato illusoria   spazzatura materiale già  mille anni or sono). L'inconoscibilità non significa non-esistenza (Spencer).

Partiamo dal fatto che la materia organica, come dice l'autore, è diventata consapevole a poco a poco negli animali ed in modo particolare, tra essi, nell'uomo. In una immagine più poetica, ma non impropria, l'universo riflette  se stesso nell'uomo, diventa consapevole. Materia consapevole. Questo cosa significa? E qui c'è il problema, a mio giudizio:  la consapevolezza dell'essere è materiale o piuttosto  è l'essere che ritorna a se stesso in modo autoreferenziale? Ovvero, secondo la sintesi di Ibn Arabi: io ero un tesoro nascosto ed ho creato l'uomo per essere conosciuto. Un altro filosofo, Shelling considerava la natura come spirito pietrificato e lo spirito come materia sublimata. Insomma è il problema dell'uovo e della gallina, a cui rispondeva Giordano Bruno: “Chi è nato prima?”  Nessuno è nato prima,  vi è una coesistenza di due infiniti in una unica realtà.

C'è una domanda che si ripetono gli uomini:  come è possibile che questo universo, la materia, l'energia in definitiva, abbia prodotto la consapevolezza dell'essere? Dalla eterna notte di questa energia inconsapevole come può nascere la luce della consapevolezza? Da un qualcosa che non dovrebbe neppure esserci, come un sasso gettato nel nulla in eterno,  si crea una immensità di consapevolezza. Come è possibile? Questo universo di per sé, collocato in termini di   finitezza, non ha senso che esista, allora deve esistere qualcosa che dia a lui un significato che non ha (che è poi quanto diceva Anselmo d'Aosta). Tutte chiacchiere dice il materialista, c'è solo questa energia ed il resto è illusione. Ma sono davvero illusorie queste domande? E qui non c'entra la speranza di superare i confini della propria individualità, coniugata alla paura della morte immaginando l'aldilà, sono domande della ragione che non hanno risposta. Il fatto che il senso di autoconservazione si sublimi primitivamente nelle credenze dell'aldilà non significa che il problema non abbia la sua razionalità pur essendo irrisolvibile da essa.  E’ la ragione, dunque, che si domanda sulla possibilità dell’ esistenza di Dio e dell'anima: sarebbe comodo risolvere tutto con un pregiudizio di negazione o di affermazione ! Semplicemente la ragione non ci arriva .

Da parte mia credo ragionevole (non dimostrabile) quello che diceva Einstein: mettiamo viti e bulloni, martelli, cacciaviti ed insomma tutto quanto serve a costruire un aereo in un hangar mosso da potenti molle alla base: anche dopo miliardi di anni non si formerà un aereo. Insomma, il caso, le combinazioni avrebbero costruito l'elica del DNA le sue sequenze atomiche, i processi della vita come quello di Krebs? Trovo ragionevole credere che l'energia abbia un senso, a una intelligenza divina che regola con le sue leggi l'universo, l'evoluzione materica e biologica.  Abbiamo un’anima che ci permette di intuire, percepire fino a immergerci in questa infinità. Certo il materialista trova più ragionevole considerare tutto nato dal caso ed esistente per caso, ma nessuno può dire "il problema è risolto facilmente", "io ho capito la verità assoluta". Non si può riflettere serenamente basandosi su un preconcetto da difendere. Se il dubbio è giusto in un credente, è giusto anche per un non credente, il resto è fanatismo e ristrettezza mentale sia tra i cosiddetti credenti come tra i non credenti. Più che alla ragione l’ultima parola va data al sentimento: I cieli e la terra non mi contengono ma solo il cuore del mio fedele.

Legittima invece, la critica ad una cultura che, almeno fino a pochi decenni or sono, aveva staccato l'uomo dal resto della natura come se questo non avesse le funzioni biologiche e comportamentali (seppur più complesse) di tutti gli altri animali, o all'opposto lo aveva ridotto ad uno studio genetico allo stesso livello di un'ameba. Anche l'aspetto culturale fa parte, con quello biologico, di una continuità evolutiva e comparativa con le altre specie. Del resto la cultura occidentale é stata condizionata da una teologia  antropocentrica, che ritiene l'universo  finalizzato all'uomo e non a Dio stesso ( con tutte le sfumature varianti che ha assunto il concetto dell'Assoluto). Non mancarono movimenti, da quello francescano (si pensi a Bonaventura) a quello illuminista, in continuità col sufismo, a ricordare invece, come la natura si volge  necessariamente alla sua mistica origine. Certo è che, detto molto semplicemente, se Dio non riuscisse a concepire qualcosa di più elevato dell’uomo ( una creatura capace sì di cose straordinarie come la Pietà di Michelangelo , la Divina Commedia di Dante o il Mathnawì di Rumi, ma anche di distruggere il suo pianeta con la stessa furia incosciente di un virus) sarebbe alquanto limitato. Questo, ovviamente, non considerando le  indefinite possibilità dell'uomo, in mano alla sua libertà di scelta, che pur esiste in mezzo alle pressioni genetiche ed ambientali.  Rumi considerava l'uomo solo uno stadio evolutivo illimitato ma già capace di percepire l’infinito, questa percezione  rende tutte queste preoccupazioni sul finito irrisorie, ma l'uomo vive in esso e non può non parlare in termini di finitezza.

Il fenomeno di conservazione psicologica della propria specie in mondi immaginari sarebbe riprodotto con ogni probabilità da altri animali una volta sviluppate certe caratteristiche di astrazione. Il salto qualitativo sta nelle pulsioni terziarie tra cui la fede ( la quale non è credenza di un certo mondo spirituale coi suoi dei e paradisi, ma senso dell'eternità, del significato divino della vita) . Con la fede anche l’arte (il senso della bellezza) e civismo (il senso della giustizia) hanno certamente una vicenda biologica alle spalle che si potrebbe spiegare anche come la ricerca della natura di ritrovare quel suo significato  nascosto dal suo stesso materializzarsi. Da forme materiali, grezze, meccaniche  a forme e astratte, questo senso si va maturando, compiendo, come il disegno di un tappeto nodo dopo nodo: l'energia diventa materia inorganica , la materia inorganica si trasforma in organica e già nel suo agire e pensare (attraverso i mitocondri che hanno nella cellula questa funzione trasformativa) ritorna energia consapevole. Nel tragitto evolutivo guidato dalle proprie leggi, l'energia finisce per "riprendere consapevolezza". Dal sentire biologico (il dolore ed il piacere provato da tutti gli animali) a emozioni sempre più complesse, dalla paura all’affetto, fino alla riflessione razionale sul proprio esserci e alle espressioni straordinarie nella cultura delle pulsioni terziarie c’è disegnata una via. Un meccanismo inconsapevole, casuale, può produrre la consapevolezza? Ma ovviamente ognuno deve interrogarsi da sé ed ogni risposta è da rispettare.

Si sa che le tendenze artistiche, religiose, civiche hanno una loro impronta genetica e anche potendo ricreare tutto un cromosoma con queste tendenze in un buon corredo intellettivo, come i biologi già prospettano, per poi inserirlo con successo nel patrimonio genetico di uno   scimpanzè, non verrebbe dimostrato che tutto si riduce ad un meccanismo materiale senz'anima? Questi geni possono dimostrare anche il contrario: la natura è mossa da leggi intelligenti e dispone i suoi atomi  secondo certe auree sequenze in modo da rispecchiare percezioni sublimi della realtà. E’ un processo spontaneo quello verso la vita e l’intelligenza che si svolge in tutti i mondi: la consapevolezza dicono i mistici, sta prima ancora di essere espressa in questa o quella creatura la quale ne è solo un segno, un fenomeno.  Sarà per alcuni solo  una supposizione in cui si sono ritrovati altri, da Plotino ad Einstein, che può o non può essere intuita, o essere scartata dicendo che nasce solo per eludere una prospettiva di annullamento dell'individuo, per trovare significati in realtà esistenti. Ma ad ognuno il suo ben consci che non si è più razionali negando, essendo l’oggetto della riflessione, per natura, oltre la ragione.

La scienza  è essa stessa speculare alle pulsioni terziarie: non c'è forse civismo nella ricerca medica per eliminare la sofferenza, nella tecnologia, ed in ogni branca del sapere? Non c'è forse arte in tutte le scienze compresa  la loro trasmissione nell'insegnamento? E non c’è fede, seppur limitata, nel progresso, nell'uomo?

Gli uni diranno "Ecco come  si manipolano dei dati scientifici oggettivi!" e gli altri "Ecco  come si riducono gli assunti della fede!". Ma qui non c'è da accontentare nessuno: come già detto è solo una riflessione priva di pretese.

Da parte mia simpatizzo con chi ha momenti di dubbio sull’Anima partendo o da posizioni atee o da credente. Gli amanti si interrogano spesso sulla realtà del loro amore e dubitano spesso con angoscia se sono amati, ma non cambierebbero il loro stato biologico con niente, in quanto vivono una estensione di specie dall'intensità straordinaria dove gioia e sofferenza, certezza e dubbio si intessono, similmente il mistico: egli non ha dottrine su cui pontificare ma solo la certezza del  vivere ed esperire la sua anima che non sa spiegarsi né con la scienza né  con le dottrine, pur sapendo meglio di altri discernere in esse. Chi ha verità già fatte finisce per diventare un burocrate, di una dottrina religiosa o atea: ha rinunciato a mettersi in gioco, a ricercare. Questo rifiuto, che interrompe il dialogo intrapsichico, si estende agli altri, a  chi cerca e domanda fuori del già detto: dalla “non comprensione” alla “persecuzione” il passo è breve. Purtroppo, la storia ne è testimone. L'assunto che solo nella scienza c'è verità, può essere nefasto quanto l'arroccamento nelle credenze dogmatiche e superstiziose. Accettare il lato mistico nell'uomo senza per questo ridurlo ad una strategia conveniente della specie, potrebbe risanare la frattura natura-cultura e ridare l'armonia, la pace, che l'uomo va cercando da sempre. Queste pulsioni terziarie, fede arte e civismo non lo staccano in un mondo illusorio utile alla strategia della sopravvivenza, ma gli confermano un mondano illusorio dove tutto è realmente transitorio e separativo.  Solo il sapere coniugato alla bellezza, alla giustizia, all'amore viene sentito degno, l'unico capace di unire e di rimanere nel cuore della specie e della natura. E gli effetti non sono forse questi? Un’opera come la vergine delle roccie di Leonardo, il Mosè di Michelangelo, La Divina commedia di Dante, Il Mahatnavi di Rumi, Santa Sofia o la cattedrale di Canterbury, la teoria della relatività stessa ma anche un Vangelo ed un Corano derivano la loro universalità da un’ispirazione, da una intelligenza che supera i confini individuali. Poi ognuno è libero di credere che sia solo una illusione della specie umana, una illusione però capace di far esprimere le cose migliori dell'uomo  nell'arte, nella musica, nella letteratura, nel pensiero coinvolgendo tutto il sentire del corpo e cogliendo, forse, il significato stesso dell'essere umani.

 

Domanda) non c’è il rischio di fare antropomorfismo quando si attribuiscono emozioni e comportamenti agli animali?

 

Risposta) Se pensiamo a quei film alla Walt Disney, per quanto carini, che umanizzano gli animali, ci si trova di fronte a caricature. Eccessivo però è anche quell’atteggiamento comportamentista in cui è caduto le stesso Skinner, dove si demonizza ogni soggettivismo ed introspezione, perfino termini come coscienza ed inconscio diventano eresie. La conoscenza diretta della psiche, anzi, non può non essere soggettiva: soggettiva è pure l’empatia, ossia l’immaginare cosa sente l’altro, sia esso un essere umano che un animale. La cultura procede anche attraverso la capacità del cervello di ricostruire quanto provato dagli altri, i bambini autistici devono i loro problemi, per quanto se ne sa, proprio alla mancanza di questa capacità. Ovviamente non si può lasciare tutto all’intuizione, c’è una verifica ed un ragionevole valutazione che evita di proiettare in modo improprio i nostri sentimenti “sugli altri esseri senzienti che condividono con noi le stesse emozioni umane” per dirla con Charles Darwin ( che non era certo un sentimentale). Le suggerisco di leggere il testo dello psicoanalista J.Moussaeff “il maiale che cantava alla luna”, anche se non condivido il suo vegetarismo ad oltranza. .

domanda: il senso civico nasce dalle regole del branco ?

risposta: certamente. Ma anche qui nell'uomo si innesta un senso di giustizia che va oltre , pur continuando, i meccanismi utili alla conservazione della specie. Platone diceva che è l'idea di giustizia che porta a fare atti giusti, una idea che a poco a poco la natura riscopre in se stessa, svelandosi delle sue ombre. Non è ripetizione di un comportamento tramandato (di un super-io) ma la scelta più utile, saggia, umana che si adegua ad una universalità ( libera dunque da egoismi e vantaggi particolari) . Insomma : arte , fede e civismo pur essendo pulsioni bio-psicologiche hanno una universalità che non si spiega solo con processi di astrazione. Esse tengono presente i significati della realtà.

domanda: Ma come si spiega il fatto che certi individui perdono per via di malattie o pressioni ambientali ogni dignità umana e vivono assenti a queste pulsioni?

risposta: Poichè si interrompe il rapporto tra psiche, che è materiale, ed anima. Se ad un radar viene a mancare l'alimentazione non capta più nulla, se si rompono e scollegano dei pezzi riceverà male. Questo non significa che il radar non sia stato costruito per quella funzione e che i segnali da captare non siano reali. Così basta un ictus o un tumore nel cervello, una lesione, la mancanza di certe vitamine, una malattia degenerativa che distrugge la guaina mielinica come nell'alzhaimer, scompensi chimici nei neurotrasmettitori a determinare il distacco, talvolta irreversibile, da queste proprietà della natura umana. Stessi effetti della lobotomia: l'eliminazione meccanica delle percezioni umane profonde, inconsce.

domanda: Insomma c'è materia e c'è spirito...non si può fare a meno dell'uno e dell'altro.

risposta: Esattamente è quanto credo anch’io. Grazie.

dott. prof. Nazzareno Venturi (2004)

 

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