IL CUORE TRA SCIENZA E SIMBOLISMO

(sintesi di parte della registrazione dell'intervento del convegno di Torriglia del 12 giugno 2016)

 

Una breve premessa. Ognuno di noi è stato educato a pensare in un certo modo, siamo figli di una determinata cultura e la riproduciamo in quanto è diventata parte di noi, essa è  la nostra “normalità” di partenza. Nasciamo in India e ci sarà naturale credere a Vishnu e a Siva e ritirarci alla fine della vita in una grotta nell'Himalaya, nasciamo invece nel centro di Manhattan e ci sarà famigliare  concepire la vita in termini di successo economico e nel passare i giorni a controllare gli andamenti della borsa. In altre parole ognuno recita il suo copione per tutta la vita senza mettere in discussione la sua visione di parrocchia e aprirsi non solo ad altri sistemi ma a ragionare sulla loro utilità e valore. Un tempo erano le religioni a creare i modelli ora sono anche altre ideologie pragmatiche e consumistiche. Quel che ha permesso l'evoluzione della nostra specie è la ricerca della verità, di sapere come le cose funzionano, cosa è utile e bene anche per ottenere la felicità (oggi ci si illude che avere, possedere qualcosa, soldi, piaceri, successi costituisca il fine dell'esistenza, un becchime che in realtà lascia sempre insoddisfatti). Solo il sapere può veramente permettere di liberare l'uomo dai condizionamenti di ogni genere che subiamo fin dalla più tenera età. Ma esiste una ricerca oggettiva? Anche la scienza deve essere libera dall'ideologia, dagli interessi economici se vuole progredire. Oggi il presupposto materialistico ha condizionato il sapere scientifico. Il riduzionismo scientista si fonda su una ideologia meccanicistica che certamente ha permesso   uno sviluppo straordinario delle conoscenze e della loro ricaduta sul piano tecnologico ma che rischia di bloccarne gli sviluppi. La dimostrazione e la verifica devono stare alla base di ogni ricerca seria del mondo fenomenico ma in modo aperto a nuove ipotesi e a nuove prospettive. Insomma non è che per essere scienziati uno deve fare il voto di ateismo e diventare un crociato contro tutto quanto non è sotto i crismi della cosiddetta scienza ufficiale.  In tutto la storia della scienza c'è sempre qualcosa che scombina i presupposti precedenti  e quanto veniva dato per certo e sicuro anche nelle applicazioni tecnologiche finisce per dimostrarsi tutt'altro.  Mi viene in mente l'esultanza con cui alcuni divulgatori cosiddetti scientifici presentavano la plastica, l'uso dell'amianto, del nucleare o degli ogm, per non dire di certi farmaci,  senza tener conto della complessità delle variabili e delle ricadute negative possibili derivanti da ogni applicazione. Insomma, il fideismo fa parte dell'uomo e non è che quello scientista faccia diventar più saggi. L'immagine dello scienziato umile e aperto a prendere in esame tutto spinto solo dal bisogno della verità oggettiva è una pia idealizzazione  che come tale non regge i confronti con la realtà. A parte le pressioni  delle lobby e dei poteri che spingono non solo la ricerca in certe direzioni ma ad alterare i risultati, la vanità, gli interessi economici  e i pregiudizi dell'essere umano che stanno dietro ad ogni ricercatore finiscono per levare l'aureola di purezza che molti si dipingono addosso. Quei pochi che si salvano (dappertutto) sono i primi ad essere critici con se stessi, consapevoli dei propri limiti e capaci di ammettere e rimediare ai propri errori.

E veniamo al tema di oggi. La concezione del corpo ridotto a una macchina biochimica, per quanto poco poetica, ha indubbiamente permesso notevoli sviluppi nel campo della medicina e della chirurgia, ma il presupposto che esiste solo una realtà fisica, o meglio “fenomenica” è già un dogma che limita la ricerca escludendo una visione comprensiva più vasta di quella meccanicistica, quella che esce con  affermazioni da alcuni ritenute “scientifiche” del tipo che il pensiero e i sentimenti sono “spurghi” del cervello. Certamente esiste una realtà misurabile e osservabile fisicamente nei suoi intimi processi ma l'affermazione che finisce tutto qui è dogmatica come il credere che siamo nati sotto i cavoli.  E se ogni organo non fosse solo una roba materiale governata da quello gelatinoso che portiamo nella scatola cranica? La prima volta che ho trovato questa riflessione è stata leggendo il volumetto intitolato “la nostra mente” dell'eminente psichiatra parigino Paul Chauchard. Alla fine viene ripreso il concetto che ogni organo ha la sua consapevolezza ed è dall'armonia di tutte le “regioni” che la mente trova la sua armonia. Un concetto del resto molto antico ben chiarito nell'antica filosofia hindu dello yoga, nel colorito  immaginario dei chakra, come ricorda lo stesso autore. Nell'importante libro “il secondo cervello” di Michael Gershon è ben spiegato come  il più umile degli organi, quel tubo raggomitolato su se stesso che chiamiamo intestino (la trippa che vende il macellaio) abbia in realtà la sua intelligenza, anche staccato dalle connessioni del cervello sa esattamente cosa fare, anzi è da considerarsi una mente primordiale. Non parliamo forse di sensazioni viscerali? A maggior ragione quando si parla del cuore che  non è soltanto una pompa idraulica, ma ha le sue connessioni neuronali, una sua identità. Quando si ama ci si sente “nel cuore”. Insomma la mente è tutto il corpo, non è il prodotto del singolo cervello dove l'ha confinato il riduzionismo scientista. Usiamo troppo il cervello e spesso “contro” altri organi: sin da piccoli, alcuni sono stati abituati a lottare con la propria pancia per “farla tutta” a una certa ora della mattina! Non ho mai sentito di bambini esplosi nei loro escrementi ma semmai di persone con dei blocchi intestinali che per tutta la vita sono stati ossessionati da quel problema. Imparare a usare il cuore significa ritrovare un'armonia e una sensibilità nuova. Certamente c'è un riflesso col sistema limbico del cervello ma dicendo che bisogna ascoltare il cuore non  ci si astrae in un mondo irreale o nel regno del romanticismo e della poesia (e comunque quanto c'è bisogno di essa anche per riprendere il contatto con le nostre emozioni profonde!). L'intelligenza emotiva talvolta, come dice il celebre psicologo clinico Daniel Goleman, permette intuizioni a cui il calcolo razionale non riesce stare dietro. Col sentimento si sente la realtà, la si vive, mentre con la riflessione ci si astrae da essa: solo in una situazione di armonia affettiva riprende ad evolvere la propria vita e la propria ricerca.

Nel misticismo (che è l'essenza delle religioni, quindi oltre i dogmi  ma nella percezione diretta di un Senso della Totalità dettato dalla fede, quella pulsione terziaria che insieme al senso della bellezza e della giustizia  costituisce un lato precipuo dell'essere umano) è il cuore il centro dell'essere. Negli adith il profeta dell'Islam afferma Nell'uomo c'è un organo. Se questo organo funziona bene tutto il corpo funziona bene, ma se quest'organo funziona male tutto il corpo funziona male. Quest'Organo è il Cuore.” Nel mio libro “riferimenti sull'iniziazione nell'antropologia e nella storia delle religioni” ripubblicato di recente e completamente rivisto rispetto alla edizione precedente, ho evidenziato come queste pulsioni terziarie siano naturali in quanto presenti anche nelle altre specie. Perché negare a priori che la realtà fenomenica abbia una direzione? E se la Natura fosse fatta per conoscersi nelle sue forme? Del resto se non ci fosse un soggetto questo mondo “oggettivo” sarebbe inesistente, nessuno saprebbe che c'è. Poichè noi siamo fatti dei suoi atomi è l'universo stesso che si sente e si pensa in ciascuno di noi. E anche questa non è un'astrazione filosofica. Negare l'Essere è come negare se stessi, eppure la dottrina materialista crede in questo, che l'Essere non esiste. O meglio l'essere sarebbe un fortuito prodotto di una massa di qualche miliardo di atomi che  in un misteriosissimo modo si sono combinati per “specchiare se stessi” e voilà, è nata la consapevolezza di essere. Meraviglie del dio caso che fanno impallidire  quelle del fiabesco  padre eterno che passeggia con Adamo  della genesi biblica! Io ritengo che senza una direzionalità il mondo sarebbe un casino incomprensibile. Tuttavia anche l'ideologia scientista che  nega qualsiasi significato intrinseco alla natura (saremmo noi a costruirli, e in parte, ma solo in parte a mio avviso è vero) ha il suo diritto di esistere e i suoi credenti di far valere le proprie ragioni... del resto compensano un mondo di fantasticherie o di altri fondamentalismi pseudoreligiosi  che purtroppo allignano in mancanza di visioni ragionevoli, aperte e significative della vita. Non ha invece il diritto di sentenziare che la realtà interiore della fede, del misticismo, sia un'alienazione. Se l'Essere è il fondamento di tutto come sostenevano mistici come san Bonaventura e Rosmini, l'alienazione sta in chi è imprigionato nell'apparenza fenomenica.   (...)

Termino con queste parole del mistico sufi Ibn Al-Arabi del XII sec. ma avrei potuto citare qualsiasi altro mistico di ogni religione giacché essi parlano lo stesso linguaggio, quello del cuore:

Il mio cuore è ormai capace di qualunque forma

chiostro per il monaco, tempio per gli idoli,

pascolo per le gazzelle, Ka'ba dei fedeli,

tavole della Thora, Corano.

L'amore è il credo che sostengo e ovunque giri

la sua cavalcatura l'Amore è sempre la mia religione e la mia fede.
 

 

dott. prof. Nazzareno Venturi

 

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