dal "Summit delle Civiltà ad Antiochia" (Hatay, Turchia) L'incontro delle religioni sotto il segno del DIALOGO."

Turchia: la terra del dialogo

Mi guardo allo specchio e mi vedo; ma quello non sono io: è solamente la mia immagine. Allora quello è altri che me? No: è la mia immagine. E se pongo due specchi uno di fronte all'altro, che immagine vi potrà mai essere?

Ditemi: io sono alto o basso? Sono basso rispetto a un gigante, sono alto rispetto a un pigmeo. Nel mondo fenomenico nulla vi è di assoluto, tranne Dio, per cui tutto è in relazione ed in rapporto con l’altro. Ecco: io sono me stesso, so come sono fatto quando mi specchio, ma soprattutto non sono nulla se non mi rispecchio negli altri. Se penso a me stesso senza verifiche sconfino rapidamente nella paranoia, e rischio addirittura di cadere in un comportamento autistico; ma se mi confronto, se dialogo, se faccio amicizie, allora chiarifico meglio i miei limiti e progredisco nelle mie conoscenze. L'altro è anche la mamma che mi ha insegnato a camminare, il papà che mi ha insegnato a parlare, la maestra che mi ha insegnato a scrivere... Non ci fossero stati gli altri che mi hanno insegnato non avrei mai potuto imparare ed evolvermi. E poi... mi vesto perché c'è un sarto, ho le scarpe perché c'è un calzolaio. Avessi dovuto fare tutto da me... Altri allora hanno una necessaria importanza per me, così come d’altronde io ho una necessaria importanza per altri.

Se guardo un'altra persona sono ben consapevole che ha un volto differente dal mio. Che tremendo incubo sarebbe se fossimo tutti clonati, tutti della stessa età, tutti con il medesimo cappello in testa e con ambizioni eguali. Se tutti ci chiamassimo con lo stesso nome, che difficoltà per il postino nel distribuire la posta. Così, se accetto senza nemmeno pensarci che l'altro abbia un volto differente dal mio, perché non debbo accettare che abbia idee differenti, lingua differente, religione diversa?

Mille anni or sono ciò fu messo a punto dagli psichiatri sufi, che stimavano ogni essere umano composto da quattro essenze in assoluto sinergismo. Una spirituale (l’anima), due materiali (la psiche e il corpo), una globale (l’ambiente). L’ambiente è quindi una componente imprescindibile e condizionante del nostro essere, e per uno sviluppo equilibrato e coerente questo ambiente che ci circonda pretende costantemente il dialogo 

Di tutto ciò testimonia un apparecchio prettamente scientifico, la “Tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli”(SPECT), che “fotografa” lo sviluppo del Sé in relazione al dialogo continuo che ogni cervello agisce con il mondo esterno, sino alla dilatazione estrema del concetto del Sé quando l’individuo entra in dialogo con Dio nei momenti di estasi mistica.

Comunque sia il Concetto del dialogo è ben chiaro nel dettato del Corano, che lo rende evidente e che soprattutto invita al costante rispetto dell'altro.

Dice il Corano in 5ª48: Se Dio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Ma vuole provarvi con ciò che vi ha dato. Gareggiate dunque [reciprocamente] nelle opere buone. Tutti tornerete a Dio, che allora vi informerà su ciò su cui divergete. La varietà di comunità serve dunque, sempre come dice il Corano, perché esse si confrontino reciprocamente e nessuna prevarichi su altre.

Junaid - Maestro sufi del IX° secolo - disse: «Il colore dell’acqua è il colore del suo recipiente, intendendo che tutte le religioni e tutte le culture sono eguali; differiscono per ambiente, nome e ritualistica, ma non possono differire nella sostanza. La divinità, assoluta, non può essere contenuta in una cosa perché è l’origine - e l’essenza - di tutte le cose, e quindi anche di tutte le religioni. Più ci si avvicina a Dio, e più si capisce che tutte le religioni sono tentativi per avvicinarLo».   (fine citazione).

Per il Corano infatti non è tanto una specifica pratica religiosa esteriore che conta, quanto il credere in Dio ed avere un comportamento retto e generoso, perché dice (2ª 62): Sì, i musulmani, gli ebrei, i Cristiani, i Sabei, chiunque ha creduto in Dio e nel Giorno ultimo e compiuto opera buona, per costoro la loro ricompensa presso il Signore. Su di essi nessun timore, e non verranno afflitti.

Il Corano (4ª163) aggiunge poi che ad ogni comunità Dio invia un profeta. E a proposito del rispetto interreligioso: (2°256) Nessuna costrizione in fatto di religione: la giusta direzione si distingue dall'errore, e chiunque rinnega il Ribelle e crede in Dio ha afferrato l'ansa più solida, che non si spezza. Dio sente e sa. (18°29) La verità emana dal Signore. Creda chi vuole, non creda chi non vuole.

D'altronde il Corano specifica (45ª28): Il Giorno del Giudizio universale vedrai ogni comunità inginocchiata dietro al suo Libro sacro; e allora verrete giudicati sulla base delle vostre azioni. Delle azioni, dunque, non delle religioni né delle etnìe.

Quindi: nessuna guerra di religione. Nessuna guerra per imporre la religione. E in relazione al dialogo? Dice il Corano (29ª46): Con le genti del Libro dialogate in modo cortese (salvo che con coloro che sono ingiusti). E dite loro: "Crediamo in ciò che è stato rivelato a voi e in ciò che è stato rivelato a noi; il nostro Dio è lo stesso vostro Dio. A Lui noi siamo sottomessi". In 3ª64 e 66:  Di': «O genti del Libro, giungiamo a un dialogo comune fra voi e noi: adoriamo solo Dio senza nulla associarGli e fra di noi nessuno prenda per signore altri che Dio... Perché disputare su cose di cui non avete conoscenza? Dio sa, mentre noi non sappiamo. In 2ª263 i valori del dialogo sono ben puntualizzati con queste parole: Parola cortese e perdono valgono più d’una carità seguita da un torto.

Quindi è ben chiaro: il dialogo è pacificante e costruttivo, il rifiuto del dialogo è opera del Demonio.

Ogni civiltà è nata dal connubio di varie culture, soprattutto fra quelle nomadiche e quelle sedentarie. Se invece un popolo distrugge la cultura di un altro popolo e gli impone la sua, questo è colonialismo, e ciò genera odio, terrorismo e stragi. Se per contro tu conosci la mia cultura, ed io conosco la tua, ecco che ciascuno di noi conoscerà non una cultura sola, ma due culture, ed avremo così arricchito le nostre conoscenze. Questo, in definitiva, è in atto oggi in Europa: una dilatazione della conoscenza con l'apporto di plurime tradizioni millenarie, ognuna di esse con un modo altro di stimare, di coltivare e di vivere i valori universali dell'umanità tutt'intera.

Questo oggi, ma in effetti da secoli questo è stato l’atteggiamento delle Genti Turche, quelle Genti Turche che – ponendosi come ponte ideale fra Oriente e Occidente -, hanno tratto dall’Oriente valori plurimi e li hanno portati all’Occidente. Infatti all’Europa hanno portato la bussola e la carta dalla Cina, la matematica e i numeri dall’India, la medicina dal Khwarezm, il misticismo con il Tasawwuf, la musica e gli strumenti musicali (chitarra, flauto, viola). Ma c’è ancor più: l’arte e la cultura dell’Îslâm furono, per i primi duecento anni, una derivazione del Tardo Antico, cioè da quell’arte Classica che va da Settimio Severo a Romolo Augustolo. Solo quando si affacciarono al Bacino Mediterraneo le Genti Turche, unendo la loro tradizionale Arte delle Steppe dell’Asia Centrale con quelle mediterranee, crearono un’arte e una cultura precipuamente islamiche e indipendenti. Infatti il primo monumento di questo nuovo corso delle arti è il Mausoleo dei Samanidi a Bukhara. D’altronde riferiamoci ancora al Santo Corano. In 24ª35 dice: Dio è la luce dei cieli e della terra.... Un albero che non è d’oriente né d’occidente. L’albero è, in psicologia e nell’esoterismo, il simbolo dell’umanità e delle nazioni. E allora: quale è la nazione che non è né di Oriente né di Occidnete, ma che si pone fra i due? È la Turchia.

E ora, per concludere. Personaggio di spicco per la comprensione dell' etica relativa al dialogo è Jalâl âlDîn Rûmî, il sufi paragonato a San Francesco, il Dante Alighieri della gente turca, uno dei più grandi mistici di tutta l’umanità. Nato a Balkh (Âfghânistân) nel 1207, morì a Konya (Turchia) nel 1273. Di lui il professor Halil Cin – già Rettore dell’Università Selciukide di Konya - ha scritto: «Rûmî, superando le frontiere religiose del pensiero turco e dell' Îslâm, è simbolo di un amore, di una tolleranza e di una pace indirizzati a tutta l' umanità. Trova la fonte dell' ispirazione nell' Îslâm e nella cultura turca; li esprime ed amplifica, e li offre a tutti senza distinzione alcuna, mentre la maggior parte dei conflitti fra gli uomini deriva invece dalla mancanza di dialogo e di amore, deriva dall' egoismo e dal fatto che non è dato alla persona umana il valore che merita.» [fine citazione.] Questo messaggio di Rumì trova veramente l' ambito universale nella quartina che leggiamo all' ingresso della Mevleviyya di Konya. in Turchia:

«Vieni, vieni, chiunque tu sia vieni.       

Sei un miscredente, un idolatra, un ateo? Vieni.           

Il nostro non è un luogo di disperazione,

e anche se hai violato cento volte una promessa... vieni». (f.c.)

Ancora di Jalâl âlDîn Rûmî vi cito dal suo Fihi ma fihi un concetto che trovo pertinente al tema del dialogo: <<Le vie sono diverse, la meta è unica. Non sai che molte vie conducono a una sola meta? La meta non appartiene né alla miscredenza né alla fede; lì non sussiste contraddizione alcuna. Quando la gente vi giunge, le dispute e le controversie che sorsero durante il cammino si appianano; e chi si diceva l’un l’altro durante la strada "tu sei un empio" dimentica allora il litigio, poiché la meta è unica>> (fine citazione). Questo non è certo il superamento della religione, ma è il "rispetto" di ogni religione, come insegna il Corano. E questo, questo soprattutto, grazie al dialogo, ci porterà alla pace interiore e alla pace fra tutte le comunità della terra. E in questo, in modo incontrovertibile, e ben più di quanto con pochissime parole ho potuto solo accennare, è stato da sempre il  compito essenziale della Turchia, in tutti i tempi, nei secoli passati come oggi con questo congresso: di tutte le genti turche.

Ne mutlu   Türküm diyené.

 Gabriele Mandel Khân

Vicario generale per l'Italia della Confraternita Sufi Jerrahi-Haveti

 

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