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Giorgio Majorino : "Gli Effetti Psicologici della Guerra" Mondadori edizioni 1992

 

E' un libro apprezzabile , documentato e capace di riportare in termini realistici  cosa è la guerra, troppo spesso confinata nella fiction per chi non l'ha vissuta: spostare l'attenzione dei conflitti all'aspetto   umano e psicologico  è un'impresa notevole  dato che l'informazione impone spesso per vari motivi (da interessi a rimozioni) tutt'altra immagine, di tipo politico (guerra giusta o ingiusta eccetera), dimenticando che guerra significa sempre distruzione ed autodistruzione (carne da macello i soldati e i civili, questi ultimi come "effetto collaterale"). Ma, in tutta franchezza, proprio l'autore segnala nell'introduzione il suo limite  ( che poi non è quello):  la deformazione professionale dello psicologo nel trattare i dati, dimenticando gli aspetti pratici tout-court. Questo "problema" è solo  personale. L'orrore di una persona civile per la guerra, psicologo o non psicologo che sia,  può far dimenticare che l'uomo è un animale capace di cose meravigliose quanto distruttive, appunto quelle devianze maniacali che l'autore   tratta nel testo. Essere disgustati dalla violenza è un sentimento  di alto civismo  ma che non deve far perdere il senso della distinzione e delle valutazioni etiche. C'è anche una legittima difesa per esempio, individuale e collettiva, come ci può essere abuso di questa. Il fare di tutte le erbe un fascio è tipico di quest'epoca dove i revisionisti storici mettono sullo stesso piano comunismi e fascismi, Stalin ed Hitler, gulag e lager, foibe e i vari "guantalamo" o addirittura fanno classifiche. Invece tutto va distinto e calibrato in dati certi. Ogni crimine ha la sua storia e le sue circostanze. Il qualunquismo non  deve trovar posto tra psicologi come tra gli storici che hanno a cuore la verità non pregiudizi. A pag.128 sembra  che partigiani e fascisti fossero tutti delinquenti (le brave persone erano tutte in Svizzera?) . Ma come c'erano fascisti fanatici ( addestrati fin dall'infanzia al detto del duce: "la guerra è nobile e bella"),  altri per convenienza altri per quieto vivere, così tra i partigiani c'era chi lottava per essere libero, per "sopravvivenza",   per legittima difesa, ( come c'erano quelli dell'ultima ora e chi approfittava della resa dei conti).  Ma se gli abusi sono sempre crimini non è invece criminale difendersi , anzi è doveroso. Eppoi  la vendetta è un meccanismo istintivo che non può essere sottovalutato.  Ma mettiamo solo la lente su un difetto in un libro pieno di virtù. Del resto come non esistono persone perfette non esistono libri perfetti, l'esercizio critico serve a migliorare. (N.V.)

 

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