Tratto da "RAPPORTARSI CON GLI ALTRI E CON SE STESSI" di Nazzareno Venturi.  Saggio sulla psicologia transazionale, pubblicato e ormai esaurito su carta stampata dalle ed. Sufijerrahi nel 2010. Attualmente disponibile in formato ebook (leggibile su pc o si tablet) su Kindle Edition distribuito da Amazon.

 

IL BAMBINO VIZIATO

 

Durante un viaggio scesi con un amico in un autogrill per una pausa. Ci fermammo ad un tavolino per consumare due yogurt, mentre chiacchieravamo non mi accorsi che alle mie spalle si avvicinava un bambino che non doveva aver più di sei anni; questi infilò il suo dito nel mio vasetto di yogurt e ritornò dalla madre nel tavolino accanto. Quando con sorpresa mi girai e afferrai la scena, la madre alzò le spalle, mi fece un ampio sorriso dicendomi : “E’ solo un bambino!” E continuò a parlare come se niente fosse con suo marito.

Ecco come, a poco a poco, lasciando fare al bambino quello che vuole, senza intervenire spiegando l'eventuale errore comportamentale, esso diventa "viziato", ovvero si convincerà che a lui “tutto è dovuto”, che è speciale, che sono cattivi tutti coloro che gli porranno dei limiti. Poiché ogni individuo si rapporta con l'ambiente attraverso gli schemi appresi nella prima infanzia, è facile individuare quale bambino esiste in lui. Le sue transazioni col mondo esterno rivelano se è viziato, adattato, iper-protetto, carogna o libero.

Chiariamoci brevemente cosa si intende con questi termini. Per adattato si considera chi accetta le situazioni e si adegua ad esse senza chiedersi se  possono essere modificate. Un esempio: La madre lascia solo il bambino in casa raccomandandosi a lui di non uscire a giocare in giardino perché fa freddo. Se è adattato prenderà un giornalino o farà due disegni aspettando che sua madre ritorni. Se è iper-adattato non cercherà neppure di "passare il tempo", starà lì fermo ad attenderla, incapace di prendere qualsiasi iniziativa. Se è libero, visto e considerato che non c'è nessun pericolo in giardino, si metterà un maglioncino ed un berrettone di lana in testa ed uscirà fuori a giocare per poi rientrare prima dell'arrivo della madre. In altri termini prenderà da solo la soluzione migliore per se stesso ed indipendentemente dalla madre. Se è iperprotetto difficilmente si verificherà la situazione, essa finirà per portarlo con sé per paura che gli succeda qualcosa, ma se così non accadesse piangerà , starà in pena per tutto il tempo. Se il bambino è “carogna” e non voleva essere lasciato solo si vendicherà facendo qualche dispetto... rompendo un oggetto caro alla madre. Del resto è stato educato a "farla pagare" a tutti quelli che lo contrastano. E il viziato? Gli verrà concesso quel che gli aggrada (un regalo al ritorno) ma nel caso eccezionale non fosse fatta la sua volontà coverà odio, offeso a morte!   Insomma l'unico o.k. è il bambino libero, né i disubbidienti né gli ubbidienti: egli è chi nella vita sarà un vincente.

Chi ha conoscenze ed esperienza in campo etologico troverà, da quanto appena descritto,  somiglianze comportamentali con gli animali domestici a dimostrazione che l’io bambino coinvolge la sfera delle reazioni emotive ed istintuali comuni a tutti i mammiferi. Anzi gli animali devono il loro carattere ancor in modo più rilevante alle relazioni col padrone, essendo il loro spazio reattivo condizionato dal solo temperamento biologico (la risposta personale è tipicamente umana, per quanto se ne sa).

Queste reazioni non nascono casualmente, esse  sono il frutto della interazione tra l'azione genitoriale (educativa) e la risposta personale del bambino. L'azione corretta genitoriale è  quella di spiegare la situazione. Nell'esempio precedente la madre informerà il figlio del perché deve assentarsi e perché non può portarlo con sé, mostrandogli il suo affetto con un bacio prima di andar via. La reazione del bambino dipende anche da come il genitore imposta ragionevolmente ed affettivamente la circostanza.

Nella vita chi dà problemi porta con sé un bambino frustrato.  Nell'adolescenza, il viziato si troverà a scontrarsi con un mondo che non gli permette di fare quello che vuole; purtroppo nel suo schema mentale originario sviluppatosi in famiglia è assente l'autocritica, il senso della limitazione per cui potrà sviluppare l'errata convinzione di non essere capito dagli altri, di essere perseguitato. All'insegnante che lo ammonisce risponderà: "Lei ce l'ha con me!" ed in tutta buona fede, farà fatica a capire che il suo comportamento era realmente sconveniente. Come da bambino si sentiva garantito dai genitori, così chiederà giustizia ad altre autorità e se pure queste, come prima o poi avviene, gli ripropongono di limitarsi, il mondo gli crollerà addosso per cui potrebbe perfino pensare al suicidio. Questa è l'eredità che gli lasciano i suoi genitori...

L'educazione è un fatto di equilibrio e moderazione. C'è il bambino a cui si consente di far tutto quel che vuole e quello a cui è stato negato il diritto alla spensieratezza. Una ragazza con diversi problemi relazionali, un giorno mi confidò, irrompendo in un pianto finale di liberazione, che sin da quando aveva quattro anni i genitori la obbligavano a lavare i piatti:  poiché lo sgabello su cui saliva non era sufficientemente alto, un giorno sforzandosi di prendere un piatto per lei lontano, perse l'equilibrio facendolo cadere. Questo piatto rotto fu il motivo di una buona dose di sberle: "Non lo dica a nessuno!" mi ingiunse. La paura di parlare di queste cose rivelava la sua vera paura, di essere punita ulteriormente. I genitori l’avevano portata in un consultorio, ma alla psicologa che la aveva in affidamento, non diceva nulla. Del resto i genitori erano ligi ad informarsi dell'andamento della terapia per cui lei vedeva dei "complici"  esterni. Come poteva confidarsi? Quando ebbi modo di ascoltare un suo genitore esso mi disse: "Noi abbiamo fatto di tutto per educarla come si deve insegnandole il buon comportamento eppure ha finito per ribellarsi!". L'ambiente psichico e sociale di questa ragazza è una prigione da cui cerca vie di fuga. Ma anche il bambino viziato, pur vivendo in un feudo paranoide in cui tutto gli è dovuto, non è libero e vive male.

Nelle società occidentali il crescente permissivismo  e lassismo etico rende frequente  la tipologia del viziato. Nel bullismo e nel teppismo  si trovano spesso "figli di papà". La libertà è confusa col "fare quello che si vuole" e i "modelli" sono gente che fa soldi, che ha successo, che si diverte, il “come” non importa: l’'importante è seguire i dettami del consumismo. L'arte, la fede, il civismo (ovvero gli impulsi qualificanti l'essere umano) sono roba del passato. La scienza è in mano agli interessi economici ed è imperante il "chi me lo fa fare?" o il "chi se ne frega" per ogni impegno umano. La società dei consumi ha proprio nel viziato il suo terreno di coltura e si arricchisce di questo.

C'è alternativa?

Qui non si tratta di interrogarsi filosoficamente sui modelli politici, ma domandarsi se questo sistema sociale  ormai globale sia  capace di assicurare la sopravvivenza qualitativa alla specie umana. Se nella logica dei profitti si considera considera l'uomo  alla stregua di un maiale che regna nel suo porcile ( considerando la degradazione ambientale, l’immagine non è nemmeno allegorica) allora diamogli pure tutti i giocattoli che vuole: macchine, cellulari, vestiti alla moda, diplomi… basta che non grugnisca, ma l’essere umano nell’ignoranza finisce per essere distruttivo e ribellarsi contro chi credeva di gestirlo. Insomma l’educazione  ci distingue dagli animali appunto perché fa leva su l’io adulto ragionevole, sulla cultura, su aspirazioni elevate, persa questa perso tutto.

 

dott. prof. Nazzareno Venturi (2004)

 

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